L’AMORE che FA MALE

Se leggi con il petto stretto, respira con me.

Alcuni amori arrivano come un faro in una notte di tempesta: illuminano — e, illuminando, rivelano dolori nascosti, mettendo in luce ferite emotive antiche che chiedono cura.

Non sono castigo, né errore. Sono chiamate.

Queste relazioni non promettono “per sempre”; promettono verità.

Vengono per spingere alla crescita, per toglierti dalla zona di comfort e condurti a un ritorno all’essenza — alle parti di te che hai dimenticato lungo il cammino.

Molte volte inaugurano un processo di risveglio spirituale: il velo cade, la vita si riempie di segni, e tu cominci a riconoscere chi sei sempre stata.

Ciò che fa male, indica.

Quando emergono ansia, gelosia, paura dell’abbandono o la sensazione di implorare briciole, non è mancanza di amore in te; è mancanza di accoglienza per storie antiche che chiedono voce.

L’altro diventa specchio — e lo specchio non giudica: mostra soltanto.

Il cammino di uscita è verso l’interno.

Non è controllare l’altro, né prevedere il futuro.

È rivolgersi a sé con gentilezza:


: “Questo è paura di rifiuto/abbandono/invisibilità.”


: permettere al pianto, al tremore, alla nostalgia di esistere — senza abbandonarti.


: mettere confini, chiedere ciò di cui hai bisogno, ricordare il tuo valore.


: non per orgoglio, ma per amore di te stessa.

Forse questo incontro è venuto solo per aprire una porta — quella della tua casa interiore.

Se resterà, che sia per reciprocità.

Se se ne andrà, che resti la lezione: tu sei intera, e il tuo asse è in te.

Alla fine, la guarigione non è che l’altro ti scelga.

La guarigione è che tu ti scelga ogni giorno — e da lì, amare con presenza, dignità e pace.

Se ora fa male, respira ancora.

Fa male perché sta cicatrizzando.

E cicatrizzare è il modo in cui la vita ti restituisce a te stessa — più consapevole, più libera, più autentica.